È difficile immaginare una scena più surreale di un parlamentare della Repubblica Italiana che, durante una trasmissione televisiva, emetta il verso di un cane per circa 60 secondi. Eppure, quanto visto su La7 e riportato da diverse fonti di stampa, tra cui Today.it, è proprio ciò che è accaduto con Augusta Montaruli, deputata di Fratelli d’Italia e vicepresidente della Commissione di Vigilanza Rai.
La notizia ha suscitato ampio scalpore, soprattutto perché a essere coinvolta è un’esponente che ricopre un ruolo di primo piano in un organo di garanzia fondamentale, incaricato di vigilare sulla qualità e l’imparzialità del servizio radiotelevisivo pubblico. A rendere il tutto ancora più interessante (o grottesco, a seconda dei punti di vista) è la successiva spiegazione fornita dalla stessa Montaruli, riportata anche da Open, secondo la quale il suo “bau bau” sarebbe stato un espediente provocatorio e sarcastico contro un clima da “rissa verbale”.
Il contesto: una politica “da talk show”
Per comprendere meglio l’accaduto, occorre inquadrare il clima generale in cui si muove la politica italiana, specie quando approda nei talk show televisivi.
Dibattiti spesso caotici, interruzioni continue, sovrapposizioni di voci e un livello di rissa verbale che finisce per allontanare l’attenzione dai temi cruciali per i cittadini. Da tempo, editorialisti e analisti descrivono questi contesti come una “arena” più che un luogo di confronto civile.
Proprio qui si collocherebbe la scelta di Montaruli di abbaiare: lei stessa, a posteriori, l’ha presentata come una provocazione estrema, un modo per esprimere dissenso di fronte a un meccanismo che “non la faceva parlare” o che le toglieva sistematicamente la parola. Dunque, l’idea di rispondere con un minuto di “bau bau” sarebbe nata dalla volontà di dimostrare quanto fosse diventato ridicolo il dibattito.
Oltre il limite del buon gusto istituzionale
La domanda che molti si sono posti è: a prescindere dalle intenzioni, quanto è opportuno che un parlamentare, per di più vicepresidente della Commissione di Vigilanza Rai, scelga una simile modalità espressiva?
La Commissione di Vigilanza Rai è un organo cruciale: tra i suoi compiti figura la garanzia del pluralismo e della qualità dell’informazione nel servizio pubblico. Chi ne fa parte, specialmente in ruoli di vertice, dovrebbe rappresentare un esempio di compostezza e serietà, offrendo un modello di dibattito che si distingua proprio da quelle dinamiche urlate che tanto si vorrebbero criticare.
Di fronte a questo paradosso, è legittimo chiedersi se l’effetto finale non sia l’ulteriore delegittimazione dell’istituzione, anziché la critica costruttiva dei talk show. Invece di portare l’attenzione sui contenuti politici, sul merito delle discussioni o sulle proposte concrete, un gesto così plateale rischia di oscurare tutto il resto, trasformando la politica in un circo mediatico.
Il rapporto tra forma e sostanza
Spesso si tende a contrapporre la “forma” e la “sostanza” della politica, come se la prima fosse un orpello e la seconda la vera essenza. In realtà, forma e sostanza sono strettamente legate. Un’istituzione democratica si fonda non solo su ciò che viene detto, ma anche su come lo si dice. Il rispetto delle regole del confronto e del decoro istituzionale non è un semplice esercizio di stile: è parte integrante della credibilità stessa della democrazia.
Quando un parlamentare sceglie di abbaiare invece di articolare le proprie ragioni, la domanda che sorge è: quale messaggio arriva ai cittadini? Che peso può avere il discorso politico se a dominare la scena è una performance dai tratti volutamente grotteschi? Soprattutto in un contesto di crescente sfiducia verso la classe politica, questi episodi rischiano di amplificare la percezione che la politica sia un teatrino fine a se stesso.
Le spiegazioni di Montaruli e i punti deboli della “provocazione”
Stando alla versione fornita da Montaruli, il suo comportamento sarebbe stato una denuncia contro il clima urlato e le interruzioni subite. In altre parole, sarebbe stato un atto simbolico, finalizzato a sottolineare che il talk show era già di per sé degradato a una “discussione da cani”. Tuttavia, ci sono due ordini di critiche che si possono muovere a questa difesa:
- Autocritica mancata: Se davvero l’intento era di stigmatizzare un clima rissoso, non sembra che la strategia dell’“abbaio” abbia ottenuto un risultato costruttivo. Anzi, ha monopolizzato l’attenzione sul gesto in sé, distogliendo lo sguardo dai contenuti politici e finendo per alimentare proprio quella forma di spettacolarizzazione che voleva criticare.
- Ruolo istituzionale: La posizione di vicepresidente della Commissione di Vigilanza Rai richiede di mantenere un livello di sobrietà e autorevolezza. Non si tratta di un semplice “sgarro televisivo” tra opinionisti, ma di un comportamento che, anche simbolicamente, incide sulla percezione di un organo che vigila sull’informazione. Un contrappunto logico sarebbe: “Se chi deve vigilare sul linguaggio e sui toni del servizio pubblico agisce in questo modo, con che credibilità può farlo?”
Un precedente pericoloso?
Il “caso Montaruli” potrebbe aprire un precedente in cui la politica spettacolo trova nella provocazione estrema la sua massima espressione. Se la performance funziona mediaticamente, c’è il rischio che altri politici la imitino per guadagnare spazio e visibilità.
È il circolo vizioso di cui molti sociologi della comunicazione parlano: più un gesto è estremo, più cattura l’attenzione; più cattura l’attenzione, più viene riprodotto. Ma a quale costo per il dibattito democratico?
Dal momento che le forme di comunicazione condizionano il contenuto, c’è il pericolo di una deriva verso il puro spettacolo, in cui è irrilevante cosa si dice, purché come lo si dice attiri clic, audience e clamore. È un’involuzione che, sotto molti aspetti, appare già in atto.
La percezione dei cittadini
Non bisogna dimenticare la prospettiva degli elettori e dei cittadini comuni. La politica dovrebbe rappresentare istanze, proposte e soluzioni a problemi reali.
Quando, però, lo spazio mediatico viene monopolizzato da provocazioni, gesti eclatanti e tensioni personali, chi osserva da casa non può che sentirsi sempre più distante dalle istituzioni.
Il rischio è che l’indignazione si trasformi in rassegnazione: se la politica è ridotta a un “abbaiarsi contro”, che senso ha partecipare, seguire i dibattiti, informarsi sui programmi e sulle proposte di legge?
Così si alimenta il fenomeno dell’astensionismo e della delegittimazione del Parlamento, percepito come “non all’altezza” dei propri compiti.
La responsabilità di chi ricopre incarichi pubblici
Nel caso di Augusta Montaruli, occorre ribadire che la sua elezione e la sua posizione istituzionale non sono soltanto un privilegio, ma un onere. Dovrebbe essere un privilegio portare la voce dei cittadini, ma è anche una responsabilità mantenere alto il livello del dibattito politico.
Nel momento in cui si ricorre a un gesto così plateale, si smarrisce la differenza tra la necessità di denunciare un sistema e l’effettiva costruzione di un dialogo serio. Forse, se lo scopo era denunciare le dinamiche “urlate” della televisione, sarebbe stato più efficace farlo ricorrendo ad argomentazioni puntuali, oppure protestando con maggiore eleganza.
Verso un recupero di credibilità?
Il “caso Montaruli” ci dice molto sullo stato della politica italiana e sulla deriva spettacolare del dibattito televisivo. Se da un lato la parlamentare si è giustificata presentando il suo “abbaio” come un atto di denuncia e provocazione, dall’altro non si può ignorare l’impressione di una politica che ha perso la rotta, annegando tra urla e siparietti.
Le istituzioni richiedono decoro, serietà e la capacità di mantenere un confronto duro, se necessario, ma sempre guidato dalla forza delle idee e non dal volume della voce o dalla bizzarria dei gesti. In un’epoca storica in cui la sfiducia verso i rappresentanti eletti è già molto alta, episodi come questo rischiano di rafforzare ulteriormente il sentimento di distacco dei cittadini.
La speranza è che quanto accaduto possa servire come monito e non come modello da imitare. Se la politica vuole recuperare credibilità, deve abbandonare i “teatrini” e ritrovare un linguaggio che parli alla testa e al cuore degli elettori, senza bisogno di imitare… il cane che abbaia più forte.
L’Italia merita un dibattito più elevato e la Commissione di Vigilanza Rai, in particolare, dovrebbe essere il primo esempio di quel pluralismo rispettoso che la democrazia richiede.