L’idiocrazia inesorabilmente invade, permea e comanda, definendosi non come una mera degenerazione, bensì come il paradigma egemone del nostro tempo. Il vocabolo stesso, derivato dalla pellicola “Idiocracy” del 2006, evocava in origine una società nella quale la stupidità prevaleva per ragioni ascrivibili alla prolificità degli idioti.
Tuttavia, l’analisi più acuta rivela che la stupidità generazionale si diffonde non per motivazioni genetiche, ma attraverso l’infiltrazione coatta di modelli culturali, etici e sociali di una idiozia manifesta, propagati in un occidente ormai in coma irreversibile. Tali modelli sono stati trasformati in senso comune a causa del costante abbassamento del livello educativo, fattore unito al declino — non accidentale, ma perseguito e provocato — non solo del pensiero critico, ma del pensiero tout court.
L’idiota collettivo siede ora al potere in un angolo di mondo in preda a convulsioni terminali. Le civiltà, come noto, muoiono per mano propria; la nostra scegliendo di odiare se stessa e di negare le verità più lampanti. La situazione ricorda l’apologo di Re Lear: i pazzi guidano i ciechi, benché forse sia più veritiero affermare che si debba essere ciechi per farsi guidare dai pazzi.
Il pensiero debole come virtù: il trionfo dell’assurdo
L’elenco delle idiozie che attanagliano la ragione è invero interminabile. La cecità si unisce alla pazzia, culminando in una manifesta impotenza cognitiva. Accettando lo stigma del politicamente corretto per il termine “idiozia” (che in ambito medico indicava una grave insufficienza mentale), si consolida la convinzione che il pensiero dominante non sia semplicemente errato, ma direttamente idiota.
Non altrimenti si possono spiegare certi eventi, come la legislazione francese che ha reso obbligatorio il consenso tra le parti per gli atti sessuali, acclamata come un prodigioso salto di civiltà. La legittima aspirazione a eliminare gli atti violenti si tramuta in idiozia nel momento in cui ci si chiede se debba essere stilato un contratto che dettaglia ciò che è permesso o proibito durante l’incontro. La revoca del consenso, peraltro, è permessa in ogni istante con modalità indefinite e la denuncia della parte lesa comporta l’automatica condanna del partner, facendo così crollare la presunzione di innocenza e l’uguaglianza dinanzi alla legge. La lotta di classe, in questo contesto grottesco, si risolve in una guerra tra i sessi legalizzata dall’idiozia. Aveva ragione Marx: i fatti si presentano due volte, la seconda in forma di farsa.
L’idiozia, inoltre, non si arresta dinanzi al dato biologico. Nel Regno Unito, una testata ha insignito come modelli di bellezza femminile nove transessuali, i quali, per verità biologica, sono maschi.
Si tratta di una miscela letale di idiocrazia e negazione della natura. Una società che perviene al grottesco di non saper più discernere chi sia una donna e chi un uomo non merita, di fatto, di sopravvivere, ed è per l’appunto moribonda. Si potrebbe immaginare che almeno le istituzioni cristiane mantengano ferma la propria dottrina, eppure così non è: la Chiesa anglicana ha deliberato di coprire l’interno della cattedrale di York con graffiti per onorare le comunità emarginate.
Il decano di Canterbury, in un tripudio di retorica ecumenica, ha asserito: “questa mostra costruisce intenzionalmente ponti tra culture, stili e generi e ci consente di accogliere i doni dei giovani che hanno molto da dire“. A fronte di tale litania sui ponti, la reazione spontanea suggerisce la tentazione di impugnare un’arma. Questa è la verità essenziale: l’odio implacabile verso se stessa di una civilizzazione idiotizzata, o forse, come preconizzava Chesterton, pazzi siamo noi, cui è stato sottratto ogni bene tranne la ragione.
La civiltà del suicidio: l’Occidente che si autodistrugge con eleganza
Nel frattempo, nel civilissimo Canada – ove l’epiteto “superlativo idiota” è divenuto obbligatorio, la morte di Stato costituisce il dieci per cento di tutti i decessi. Una società che annovera l’uccisione dei propri membri tra i servizi sanitari è inevitabilmente o folle o idiota. Analogamente, in Italia, si assiste all’assoluzione o alla mitigazione delle pene per colpevoli stranieri di reati, addotte a motivazioni “culturali”. È idiota etichettare come cultura ciò che non si ha più la forza morale di condannare e che si tollera per pura debolezza. L’apatia e la tolleranza non sono virtù, ma, come attestava Aristotele (il mascalzone greco che nessuno più studia perché duemilaquattrocento anni fa scrisse due righe a giustificazione della schiavitù), rappresentano le ultime virtù delle società morenti.
La memoria corta dell’idiota moderno
L’idiota contemporaneo è afflitto da una memoria selettiva, non sa, e quando sa, preferisce ignorare. Alcune manifestazioni di tale idiozia, se non altro, destano ilarità: la diocesi di Milano ha introdotto educatori musulmani nei propri ranghi, rendendo possibile immaginare, per analogia, che presto i vigili del fuoco avranno come istruttori i piromani.
La tolleranza è sopravvalutata, poiché troppe sono le circostanze intollerabili che dovrebbero innescare giusta indignazione e reazione. Ma difendersi è un atto di esistenza e l’homunculus occidentalis, l’idiota di ritorno, è privo della forza e dell’intenzione necessarie per farlo, afflitto da accidia, indifferenza, assenza di principi e vile vigliaccheria.
Il nuovo bavaglio: la libertà d’espressione come crimine
È imprescindibile desistere dall’asserire, spesso senza crederci, che ogni idea debba essere rispettata: l’errante, purché onesto e in buona fede, merita rispetto, non l’errore. La prassi delle post democrazie, negando la libertà di espressione, ha introdotto norme e insidiose trappole che inibiscono la parola e il pensiero libero. La diffusione dell’idiocrazia è prodotta soffocando la voce, attraverso la criminalizzazione del “discorso di odio”, le leggi che impediscono di criticare soggetti collettivi, gruppi protetti e minoranze varie e l’inibizione dell’uso di decine di vocaboli di uso comune.
Oggi, i difensori della libertà di espressione sono paradossalmente gli identitari e i conservatori, spesso attaccati nei diritti elementari e sistematicamente intimiditi. Si ha il dovere di difendere le libertà, se stessi e persino gli idioti. Tuttavia, accanto a una miriade di questioni aperte all’opinione, ne esistono alcune non negoziabili: non è discutibile che esistano solo due sessi, né che siamo eredi di una civiltà fondata sui pilastri della bellezza, della giustizia e della verità, ora disintegrati dalla babele etno-culturale imposta e dall’incultura della cancellazione.
La finta mitezza della democrazia contemporanea nega il diritto a convinzioni radicate nella natura, nella biologia e nel principio di realtà. È giunto il momento di contrattaccare, proclamando che non tutto è degno di rispetto. Non lo è ciò che conduce alla dissoluzione nichilista, alla disintegrazione di ogni ordine e alla regressione civile. Applicata in termini assolutistici, la libertà di espressione postula che tutto sia ugualmente valido, il che equivale a dire che nulla lo sia. Nulla è vero o falso laddove tutte le opinioni, comprese quelle che sfidano i fondamenti della biologia, confutano l’ordine naturale e negano il carattere radicato dell’umanità, diventano equivalenti e, perciò, ugualmente indifferenti. Sebbene queste idee siano talora pessime, disastrose o persino aberranti, dobbiamo riconoscere il diritto di affermarle, purché senza violenza fisica o psicologica e senza che chi le avversa divenga un proscritto per prassi o per legge nella sedicente democrazia.
Dialogo impossibile: quando la parola muore e resta solo il fucile
Charlie Kirk, nel suo programma, cercò il dialogo con i nemici, sperando di convincerli, ma incontrò la violenza di chi, privo di argomenti, si convinse fosse meglio ricorrere al fucile, ottenendo dopo l’assassinio il plauso dei peggiori e l’ipocrisia disgustosa di molti. Teoricamente, egli faceva la cosa giusta, ma è tale il degrado delle società liberali che il dialogo è diventato impossibile.
Carl Schmitt ha ammonito che se qualcuno ci considera nemici, siamo tenuti a prenderne atto e riconoscerlo a nostra volta. Non si possono trattare in egual misura gli avversari onesti e gli idioti che non sono in grado di concepire la differenza tra valori e principi; se ci riuscissero, cesserebbero di essere idioti. Per realismo e autodifesa, si deve sfuggire al buonismo ingenuo che corrode e genera inermità. È fondamentale liberarsi dalla debolezza idiota che ha invaso la società, spingendola a tollerare o applaudire tanto l’invasione esterna quanto le follie generate al proprio interno. L’idiota contemporaneo e il buonista- che spesso sono la stessa persona – tollera ogni cosa poiché privo di principi, incapace di distinguere il bene dal male e confonde la legittimità (ciò che è giusto, conforme all’ordine naturale) con la mera legalità (ciò che obbedisce a norme passeggere, frutto della volontà dei dominanti).
La tolleranza come religione dell’idiozia
L’idiota è incantato dall’idea di tolleranza, un alibi perfetto per la paura e l’indifferentismo morale. Il male, al contrario, deve essere riconosciuto, combattuto e punito. Ma l’idiota non può punire se stesso, preferendo, segretamente, Caino ad Abele. Egli è permissivo per quieto vivere e perché colonizzato dall’idea del consumo, il padrino stesso dell’idiota. Egli segue la moda per riflesso pavloviano e agisce secondo le prescrizioni del potere. Incapace di concepire il diverso, l’altro da sé, lo odia furiosamente, esigendone la punizione esemplare, l’umiliazione e la sparizione. Canta in coro senza bisogno del direttore d’orchestra.
Di fronte a tale scenario, riecheggiano le parole di Zarathustra: “Ahimè! Viene il tempo dell’uomo più spregevole, che non sa più disprezzare se stesso. Ecco! Vi mostro l’ultimo uomo. Cos’è l’amore? Cos’è la creazione? Cos’è il desiderio? Cos’è una stella? così chiede l’ultimo uomo e ammicca. La terra è diventata piccola, e su di essa salta l’ultimo uomo che rende tutto piccolo. La sua specie è inestirpabile come quella della pulce di terra; l’ultimo uomo vive più a lungo. Abbiamo scoperto la felicità, dicono gli ultimi uomini, e ammiccano”.




